Arriva la prima sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro nell’ambito del maxi processo Rinascita Scott, uno dei più grandi procedimenti giudiziari contro la ’ndrangheta degli ultimi anni. Sulla base di quello che è un concordato sull’accoglimento di alcuni motivi, con “congiunta rinuncia di altri”, i giudici Loredana De Franco (Presidente), Ippolita Luzzo e Michele Ciociola hanno confermato in larga parte il teorema accusatorio, rideterminando però alcune condanne e riconoscendo attenuanti a diversi imputati.
Se da un lato la sentenza ribadisce il peso criminale delle cosche vibonesi, dall’altro segna un’importante assoluzione definitiva: quella di Gianluca Callipo, ex sindaco di Pizzo, già prosciolto in primo grado e ora definitivamente scagionato da ogni accusa.
Gianluca Callipo: l’assoluzione definitiva chiude il capitolo giudiziario
L’ex primo cittadino di Pizzo Calabro, Gianluca Callipo, era stato inizialmente coinvolto nell’indagine per presunti rapporti con i clan locali, ma la sua posizione è stata archiviata già in primo grado. Ora la Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, sancendo la definitiva uscita di scena dal processo. Una vittoria giudiziaria che mette fine a una vicenda durata anni e che aveva pesantemente inciso sulla sua carriera politica.
Prime condanne d’appello: pene ridotte, ma il quadro resta grave
Nonostante alcune riduzioni di pena, il secondo grado di giudizio ha confermato la struttura dell’impianto accusatorio. Ecco le condanne rideterminate: Salvatore Morelli condannato a 19 anni di reclusione, con riconoscimento delle attenuanti generiche in misura di equivalenza rispetto alle aggravanti. Antonio La Rosa: riduzione della pena a 16 anni, considerando le attenuanti equivalenti alla recidiva e all’aggravante. Marco Ferraro: condanna a 13 anni e 7 mesi dopo il riconoscimento delle attenuanti generiche. Giuseppe Mangone: condanna rideterminata in 10 anni e 8 mesi di reclusione, con prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti. Domenico Polito: ridotta la pena a 12 anni e 4 mesi. Domenico Tomaino: pena fissata a 12 anni e 5 mesi.
Barbieri Onofrio: riconosciuta l’attenuante della collaborazione, la pena è rideterminata in 7 anni e 1 mese di reclusione. Lazaj Robert: attenuanti generiche con rideterminazione della pena in 12 anni e 5 mesi di reclusione. Loris Palmisano: attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, pena ridotta a 9 anni di reclusione.
Giuseppe Barbieri (classe 1973) pena ridotta a 10 anni e 8 mesi di reclusione. Maria Piperno: esclusa l’aggravante contestata, attenuanti generiche riconosciute, condanna a 1 anno e 10 mesi di reclusione e 600 euro di multa. Sandro Ganino 6 anni e 6 mesi di reclusione e 3000 euro di multa. Gaetano Molino 12 anni di reclusione. Antonio Lo Bianco 12 anni e 2 mesi.
Gli altri verdetti: appelli inammissibili e prescrizioni
Oltre alle condanne, la Corte ha dichiarato inammissibili diversi appelli: quelli proposti dal Pubblico Ministero nei confronti di Callipo, Caria, Marino, Pulitano e Stuppia, per intervenuta rinuncia; quello contro Antonino Barbieri, per sopravvenuta carenza di interesse a causa del decesso dell’imputato; quello contro Giulio Calabretta, dichiarato tardivo. Infine, la Corte ha stabilito di non dover procedere nei confronti di Francesco Giuseppe Niglia.
Le parti civili e il risarcimento danni
La sentenza ha anche stabilito la rifusione delle spese legali per le parti civili, tra cui: i comuni di Pizzo, Ricadi, Tropea, Vibo Valentia e altre amministrazioni locali. E ancora l’Asp di Vibo Valentia e l’associazione Antiracket e Antiusura della provincia di Vibo. A ciascuna parte civile è stato riconosciuto un risarcimento di 2.000 euro, oltre agli accessori di legge.