Alla Regione Siciliana, il posto fisso non fa più gola. Un vincitore di concorso su tre rinuncia ancora prima di firmare il contratto, e uno su cinque — tra i neoassunti — si dimette dopo pochi mesi. Un esodo silenzioso ma costante che, secondo il sindacato Siad-Csa-Cisal, rischia di paralizzare gli uffici regionali.
I segretari Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto, ascoltati in Prima Commissione all’Ars, hanno parlato di “una vera e propria emergenza”, chiedendo di equiparare l’indennità di amministrazione dei regionali a quella dei dipendenti statali.
“Serve un intervento immediato per evitare il collasso del sistema”, hanno detto i rappresentanti sindacali.
Numeri impietosi: concorsi deserti e uffici a rischio
Basta guardare i numeri per capire la portata del problema. Dopo il concorso per i centri per l’impiego del 2023, su 537 funzionari previsti si sono presentati solo 161.
Nel bando per 100 posti negli assessorati regionali, il 20% dei vincitori non ha nemmeno voluto firmare il contratto. E il 29 settembre scorso, su 210 convocati, appena 160 hanno preso servizio.
Altro che “posto d’oro”: oggi la Regione Siciliana è vista come un datore di lavoro poco conveniente, soprattutto se confrontato con lo Stato centrale.
Indennità dimezzate rispetto ai ministeri
Il confronto tra le indennità di amministrazione parla da solo. Un dipendente statale di prima area percepisce 3.665 euro lordi, contro i 630 euro di un collega regionale. Nella seconda area, il divario è di 3.668 contro 1.293 euro. E nella terza area, lo Stato garantisce 4.990 euro, mentre la Regione si ferma a 1.937.
Anche i dirigenti non stanno meglio: in Sicilia, le retribuzioni di posizione e risultato corrispondono ai livelli minimi previsti per la dirigenza statale. Una forbice che, secondo i sindacati, si allargherà ancora con il prossimo rinnovo del contratto nazionale.





