Era la notte dell’11 luglio 2024 quando l’auto di proprietà di Claudia Santoro, dirigente comunale del Comune di Vibo Valentia, è stata data alle fiamme davanti alla sua abitazione a Bivona. Le fiamme, come emerso dalle prime verifiche dei Carabinieri della Stazione di Vibo Marina sarebbero di origine dolosa. L’episodio suscitò forte sconcerto all’interno dell’amministrazione comunale e nella cittadinanza, considerata la gravità del gesto e il ruolo ricoperto dalla vittima. La risposta dello Stato è arrivata a pochi mesi di distanza grazie al prezioso lavoro dei carabinieri.
Le indagini: video e celle telefoniche decisive
Dopo mesi di indagini serrate coordinate dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, gli investigatori sono riusciti a ricostruire con precisione la dinamica dei fatti. Un’accurata analisi dei filmati di videosorveglianza ha consentito di individuare i movimenti di un’autovettura sospetta che, quella notte, si sarebbe avvicinata alla zona in cui risiede la dirigente. A rafforzare gli elementi raccolti sono stati anche i dati delle celle telefoniche attive in quell’arco temporale, che hanno permesso di incrociare le presenze dei presunti responsabili con l’orario dell’incendio. I due, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbero poi raggiunto l’autovettura passando dalla spiaggia, per poi appiccare le fiamme.
Gli indagati: un imprenditore e un disoccupato
Al termine dell’attività investigativa, sono stati deferiti all’autorità giudiziaria due uomini ritenuti coinvolti, a vario titolo, nell’incendio doloso e nell’atto intimidatorio. Così sul registro degli indagati sono finiti: Michele Galati, 49 anni, imprenditore incensurato di Vibo Valentia, marito di una funzionaria comunale in servizio a Palazzo Luigi Razza; ed Enrico Mazzei 51 anni, disoccupato di Ionadi. Entrambi sono destinatari di un avviso di conclusione delle indagini preliminari e del relativo avviso di garanzia, emessi dalla Procura guidata da Camillo Falvo.
Il possibile movente e i dissidi sul luogo di lavoro
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, gli inquirenti stanno valutando anche l’ipotesi che alla base dell’episodio possano esservi stati precedenti rapporti non sereni tra la dirigente Santoro e una dipendente comunale, moglie di uno degli indagati. Tra le due sarebbero intercorsi alcuni contrasti di natura lavorativa, circostanza che – secondo una ricostruzione investigativa – potrebbe aver costituito il contesto in cui si è maturato l’episodio.
Diritto alla difesa
I due indagati hanno adesso venti giorni di tempo per per presentare memorie difensive, produrre documenti o chiedere di essere interrogati. La conclusione delle indagini non equivale a una dichiarazione di colpevolezza e, al termine dei venti giorni dalla notifica dell’atto, la Procura di Vibo deciderà se procedere con la richiesta di rinvio a giudizio.
Si tratta, in questa fase, di ipotesi di reato e accuse ancora da verificare nel corso del procedimento penale. L’inchiesta rappresenta nell’ottica della Procura una svolta significativa in un caso che aveva destato forte preoccupazione nella comunità e tra i dipendenti comunali, riaccendendo l’attenzione sul tema della sicurezza del personale amministrativo e sul clima interno agli enti locali.




