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Imprenditori, commercianti e un calciatore nella morsa dell’usura a Catanzaro: 2 a processo subito (NOMI)

La Procura chiede e ottiene per Carlo Procopi, definito l'usuraio storico in città e per il suo braccio destro il giudizio immediato

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Avrebbero approfittato di imprenditori in difficoltà economica, sull’orlo del baratro, con esposizioni debitorie importanti prestando danaro e pretendendone la restituzione a interessi vertiginosi, ricorrendo anche alle minacce “se non mi paghi vengo e ti prendo con una spranga”, costretti a privarsi di tutti i beni pur di aver salva la vita e a volte pronti a farla finita di fronte a persone senza scrupoli pronte ad approfittare dello stato di bisogno delle vittime, soggiogandole. Il procuratore aggiunto  della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Luberto e il sostituto Saverio Sapia con il visto del procuratore capo Salvatore Curcio hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato nei confronti dell’imprenditore Carlo Francesco Procopi, detto “Carlo, 60 anni di Catanzaro e del suo braccio destro Daniele Masciari, detto “u bananaru”, 52 anni, di Catanzaro, destinatari il primo di una misura cautelare in carcere e il secondo ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta, “Dio Denaro”, che mira a far luce su un giro di usura, di estorsione, autoririclaggio ed esercizio abusivo della attività finanziaria.

Subito a processo

I due imputati saltano quindi il filtro dell’udienza preliminare, dal momento che le prove raccolte in fase di indagini sono ritenute tali da mandarli subito a processo. La prima udienza dibattimentale inizierà il 19 novembre davanti ai giudici del Tribunale collegiale di Catanzaro e gli avvocati difensori Salvatore Staiano, Antonio Lomonaco per Procopi e Vittorio Cosco per Masciari tenteranno di smontare le ipotesi accusatorie.

La trappola dell’usura

Dalle attività di indagini delegate alla Guardia di finanza, una delle vittime, un commerciante in difficoltà economica sarebbe stato costretto a pagare interessi usurari addirittura del 71,40%, per una macchina Tiguan acquistata dal concessionario d’auto Carlo Francesco Procopi al prezzo di 6.500 euro. Interessi pagati liberandosi di una Nissan del valore di 1.900 euro, delle merce del suo negozio per un valore di circa 10mila euro, ricorrendo all’auto della madre per avere la somma di 2.400 euro in contanti. Ed è stata proprio la madre a ricostruire la vicenda, riferendo ad inquirenti ed investigatori, dell’acquisto di una Tiguan nel 2018, auto da pagare con rate mensili. Si trattava di una macchina usata e nemmeno in buone condizioni, tant’è che in una trasferta a Napoli, lei e il figlio sono dovuti ritornare a casa con un carro attrezzi, perché l’auto durante il viaggio aveva smesso di funzionare.

“Devo pagare, si tratta di un uomo pericoloso”

E in quello stesso anno anche la nuora avrebbe comprato un’auto, modello cabrio, per esigenze di famiglia, con lo stesso metodo di finanziamento da Procopi. “Mio figlio, però, non riusciva a restituire le rate e Carlo Procopi pretese di riavere indietro entrambe le auto dopo pochi mesi. Si è preso anche il negozio di mio figlio con tutta la merce presente all’interno del locale, che anche se piccolo, era stracolmo di prodotti per la pulizia, personale e per la casa, di marca. C’erano, inoltre, diversi prodotti utensili per la casa, merce del valore di 10mila euro”. Nel 2019, il figlio si rivolge a lei per pagare una parte dei debiti: “Mi chiese di firmare le cambiali, perché lui si era rifiutato di accettarle da mio figlio. Lui mi disse che doveva pagare perché si trattava di una persona molto pericolosa. Ricordo che mi disse testualmente “mamma si nun pago n’esciu da casa e non mi ricogghiu cchiu”

“Che mi chiami a fare? Va e si i presta mammata i sordi”

La mamma ricorda che il figlio gli aveva detto espressamente di aver saputo che in altri casi se i debitori non pagavano venivano ammazzati di botte. “Io accettai perché ero molto spaventata per la sua incolumità”. E così firma le cambiali, pagate ad ogni scadenza prestabilita, eccetto in una circostanza. “Mio figlio chiamò Carlo chiedendogli gentilmente se potesse ritirare lui la cambiale, anticipando la somma, per poi, nel giro di pochi giorni, essere rifuso del debito e sebbene mio figlio fosse stato molto gentile ed educato nel chiedergli questa cortesia, ricordo bene che lui rispose insultandolo in modo molto duro e con tono arrabbiato disse ‘che cazzo mi chiami a fare? Va e si i presta mammata i sordi’. Carlo Procopi non ha voluto sentire ragioni, per cui ho dovuto racimolare i soldi e pagare”.

Il calciatore vittima di usura

La Procura ha individuato come parte offesa anche un calciatore con debiti importanti contratti per le scommesse sportive, costretto a chiedere soldi al concessionario d’auto e di orologi Carlo Francesco Procopi, perché avrebbe saputo in giro che lui il danaro lo avrebbe prestato, ignaro però della trappola in cui sarebbe caduto. E così il giocatore in cambio di 2.500 euro e di un Rolex del valore di 12.500 si sarebbe privato a titolo di usura di un Audi del valore di 26mila euro con un tasso d’interesse su base annua del 33,36 %, a fronte di un tasso soglia pari al 16,75 %. Il commerciante avrebbe trasferito l’auto nella sua concessionaria con una serie di operazioni volte a mascherarne la provenienza illecita. Come? Dopo aver acquisito l’auto del valore di 26mila euro al prezzo reale di 15mila, la intesta, secondo le ipotesi accusatorie alla sua azienda e nel fascicolo relativo alla compravendita mette la fattura di acquisto da 26mila e un documento manoscritto recante la dicitura: “Permuta collezione privata quadrante bianco 40mila euro, rimane ad avere 14mila euro”, coprendo la sproporzione nel valore delle controprestazioni.

Nel 2022 il giocatore avrebbe contratto un debito di 9mila euro da Carlo Procopi, che non sarebbe riuscito ad onorare, rivolgendosi ad un amico che si sarebbe accollato il debito, consegnando a Procopi, a garanzia, quattro cambiali del valore di 2.500 euro l’una, corrispondendo successivamente le somme usurarie in rate mensili, con interessi alle stelle del 33,36 % annui del capitale versato, a fronte di un tasso soglia del 18,95 %. Arriviamo a maggio, giugno 2023, l’amico non riesce più pagare il debito e viene contattato per conto di Procopi da Daniele Masciari, titolare di un B&B nel quartiere Lido. Quest’ultimo subentra nel debito, chiedendo a sua volta tassi usurari: a fronte del debito lievitato a 10mila euro, Daniele Masciari avrebbe preteso la corresponsione di 12.500 euro, costringendo il commerciante a sottoscrivere, a garanzia, delle cambiali da 2.500 euro l’una. 

“Io mi butto dal balcone”

Carlo Procopi avrebbe consegnato 12mila euro in contanti ad un imprenditore, richiedendo interessi usurari del 140% annuo del capitale versato, a fronte di un tasso di soglia del 18,95 annuo. Dalle intercettazioni emerge la preoccupazione della vittima di non riuscire a restituire la somma pattuita, un disagio che sfocia in intendi suicidiari esternati a terzi: “io mi butto dal balcone …  ho bisogno di quei soldi…sono rovinato […].

Schiaffi e umiliazioni davanti agli operai

Nel 2015, l’episodio più grave di usura, Carlo Procopi si fa promettere e successivamente dare, secondo le ipotesi accusatorie, a fronte del prestito di 60mila euro interessi usurai del 600% annuo del capitale versato. E nel 2021 al dramma dell’usura si aggiunge l’estorsione per l’imprenditore costretto a consegnare a Carlo Procopi 406, 21 euro. “Sapevo di  aver un debito con lui riguardanti dei bolli non pagati o delle multe relative a dei veicoli che uno era mio. Un giorno  prendo l’appalto per il montaggio di un lido a Roccelletta e lo vedo entrare dal cancello, con aria infastidita. Mi chiede di uscire fuori per appartarci perché  mi doveva parlare. Questo invito mi veniva rivolto in presenza dei miei operai. Io vado fuori come da lui richiesto e all’improvviso dopo qualche metro fuori dal cancello, dove nessuno poteva vederci, mi sferra all’improvviso uno schiaffo in faccia, aggiungendo che io mi sarei dovuto recare a pagare i bolli indicati nel biglietto. Io provai a giustificarmi, ma lui non volle sentire ragioni”. 

L’ inchiesta Dio Denaro

Le Indagini sono scattate dopo l’audizione di una testimone in un altro procedimento, che innanzi al pubblico ministero incidentalmente ha riferito di essere a conoscenza dell’attività di erogazione di prestiti svolta da Procopi. La Guardia di finanza delegata all’attività investigativa, inizia ad analizzare il patrimonio di Carlo Procopi e le operazioni finanziarie svolte nel corso degli anni ed escono fuori significative anomalie, come la sproporzione nel valore dell’acquisizione di numerosi beni immobili. Il gip autorizza l’intercettazione telefonica e telematica di diverse utenze degli indagati e di quelle che progressivamente diventano parti offese, intercettazioni che consentono agli investigatori di acquisire riscontri all’attività illecità del concessionario di auto e dei suoi sodali.

L’usuraio storico in città

A gennaio 2024, i finanzieri perquisiscono gli indagati, le loro case e attività, vengono analizzati i loro dispositivi e si acquisiscono ulteriori elementi utili ad identificare le vittime e a delineare i contorni delle vicende giudiziarie usurarie che le hanno coinvolte. Le indagini consentono di identificare Carlo Procopi, l’usuraio storico della città di Catanzaro, in passato raggiunto da misure cautelari o condanne, che ha “concesso” finanziamenti con tassi di interesse alle stelle fin dal 1997. 

Il coraggio di un ex consigliere comunale

A suggellare la storicità della sua figura, un imprenditore, ex consigliere comunale del capoluogo, che avuto notizia dell’indagine in corso si reca spontaneamente in Procura per denunciare i fatti, che lo avevano coinvolto diversi anni prima, per puro senso civico. Dichiara al pubblico ministero di aver timore “di subire ritorsioni da parte di Carlo Procopi se dovesse venire a sapere delle mie dichiarazioni. Nonostante ciò ho deciso comunque di denunciare non tanto per me, ma per la città di Catanzaro. So che tante persone sono vittime di usura da parte sua ed essendo stato anche consigliere comunale, sento l’obbligo morale di denunciare ciò che è successo”.

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