Il parco della Ferdinandea è un compendio boschivo di 11 mila ettari situato al confine tra le province di Vibo Valentia e Reggio Calabria. Questo immenso patrimonio di alberi di alto fusto, storicamente denominato delle ex Serre catanzaresi, ricade in una molteplicità proprietaria: demaniale, comunale e privata. Il complesso del bosco, caratterizzato da un misto di abete e faggio, fa riferimento alle foreste Pecoraro, S. Salvatore, la Divisa, Prasto, La Lacina, Bosco Archiforo e Ferdinandea.
All’interno di questa vasta cintura forestale c’è la storica tenuta della Ferdinandea, una cittadella inaugurata da Ferdinando II di Borbone nel 1833. Qui venne realizzato un insediamento industriale con ferriera, centrale idroelettrica e fabbrica d’armi, che produceva ferro, carbone e legname per soddisfare le esigenze della Marina Borbonica. Vi era anche un insediamento residenziale, comprendente un casino di caccia, appartamenti, stalle e una chiesa. La tenuta si estende per 3.576 ettari, con abeti e faggi di alto fusto, querce, castagni, pioppi e lecci.
Nel 1886, la scrittrice Matilde Serao visitò la Ferdinandea, giungendovi da Napoli dopo un lungo viaggio di oltre venti ore. Il luogo era noto per essere stato il casino di caccia dei Borbone. Qui fu ospite del colonnello Achille Fazzari, garibaldino nato a Stalettì, che dopo l’unità d’Italia acquistò il complesso insieme a cinquemila ettari di terreno dal Ministero delle Finanze, divenuto proprietario dopo la chiusura delle fonderie e delle fabbriche militari un tempo sotto il controllo del Ministero della Guerra.
Le Reali ferriere e cosa ne rimane
La Ferdinandea nacque originariamente come residenza del capo delle Reali ferriere della vicina Mongiana, vanto di Ferdinando IV di Borbone e create nel 1736. Le ferriere di Mongiana erano un enorme complesso con tre altiforni, alimentati dal legname delle foreste circostanti, mentre il minerale era estratto dalle miniere di Stilo e Pazzano.
Nel periodo di massimo splendore, la fabbrica occupava circa 1.200 operai e tecnici, producendo cannoni e fucili, tra cui i celebri fucili modello Mongiana, apprezzati in tutta Europa e oggi esposti a Napoli e Parigi. Se ne producevano tremila l’anno, oltre a un numero equivalente di armi bianche. Dopo l’unità d’Italia, la produzione diminuì progressivamente e, dopo una breve gestione militare, il nuovo Stato vendette il complesso al senatore catanzarese Achille Fazzari.
Oggi delle Reali ferriere rimane poco. A Mongiana si possono ancora vedere le due enormi colonne scannellate in ghisa poste all’ingresso dello stabilimento e alcuni ruderi della cinta muraria. A Ferdinandea, invece, rimane il grande complesso accanto al quale sorgeva la casina di caccia di Ferdinando di Borbone, dove il re e i suoi ospiti partecipavano a battute di caccia. Su iniziativa del Fazzari, agli inizi del Novecento, vennero costruite una segheria e una centralina elettrica.
Le vite della Ferdinandea, dai fasti all’abbandono
La Ferdinandea è una costruzione squadrata a due piani in stile austero, con al centro un ampio cortile con una fontana. Oggi versa in un grave stato di degrado e abbandono. Di fronte all’ingresso principale del casino di caccia, si trova una piccola chiesa, anch’essa abbandonata. Gli interni dell’enorme costruzione, un tempo adornati con affreschi originali, mobili pregiati e quadri, sono stati completamente spogliati.
Dopo il periodo di Fazzari, il complesso fu acquistato dalla Società Idroelettrica Piemontese, che adibì parte del casino a abitazioni per le maestranze. La centrale elettrica fornì energia ai paesi vicini fino al secondo dopoguerra. Lo sfruttamento dei boschi, ancora attivo, è oggi gestito da una società di Rende, che ha ottenuto la concessione per la gestione delle foreste circostanti.
Poco prima della Seconda guerra mondiale, il patrimonio passò alla Società Immobiliare Calabra, con sede a Milano. Il casino di caccia continuò a essere utilizzato come residenza per le maestranze, fino al completo abbandono negli ultimi decenni.